Cultura

La Madonna sul palco

Abbiamo preso spunto dal testo scelto per il Progetto Teatro Veneto per chiedere al drammaturgo e storico del teatro Luigi Lunari un ulteriore approfondimento sulla presenza (o meno) della figura di Maria nel teatro. Ecco allora, tra riflessioni e provocazioni, un viaggio sulle tracce della Vergine attraverso i secoli: un intrigante percorso diviso in tre tappe.

di Luigi Lunari

Bisogna subito dire che la Madonna non ha grande spazio nella letteratura drammatica. Troppo perfetta e inscalfibile per essere un personaggio interessante per teatro e narrativa, che preferiscono gente con luci ed ombre di cui dilettarsi. Vogliamo paragonare Maria di Nazareth alla Celestina, o a Madame Bovary, o ad Anna Karenina? Chiaramente, per un drammaturgo o un romanziere, non c’è proprio partita!

Tuttavia non fu sempre così. E per svolgere il tema che mi è stato affidato (grosso modo “La Madonna e il teatro”) è utile distinguere almeno tre fasi.

La prima è quella che riguarda Maria di Nazareth nella cornice storica della cultura ebraica tradizionale, dove la donna non è che un oggetto senz’anima, di assoluta proprietà del maschio (unico destinatario dei Dieci comandamenti), al pari dell’asino e del bue. Con la galanteria che la distingue, la Torah dichiara che sarebbe meglio dare la Bibbia alle fiamme piuttosto che sentirne le parole pronunciate da labbro di donna. Non cambia molto con l’avvento del cristianesimo nella Nuova Alleanza e l’elaborazione dottrinale che ne seguì. Già la Madonna ha poco spazio nei Vangeli, dove neppure le si riconosce la linea genealogica di madre del Salvatore (rifilata a Giuseppe, che dicesi c’entrasse poco); meno ancora gliene lascia la dottrina della patristica e della scolastica (da sant’Agostino a san Tommaso) che la pietrificano in un’immagine sovrumana (e dunque disumana)… figuriamoci il teatro. C’è sì, della Madonna, una muta presenza in quel geniale evento spettacolare e teatrale ante litteram che fu l’invenzione del Presepe da parte di san Francesco d’Assisi; e ancora più indietro di un paio di secoli c’è l’ipotesi di una sua presenza in quello che è il germe originario di tutto il teatro a venire: quando un ignoto sacerdote, forse a San Gallo, ebbe l’idea di realizzare visibilmente e teatralmente (“theastai” vuol dire “vedere”) l’episodio delle Marie al sepolcro, con le donne che si avvicinano all’altare, l’officiante che chiede loro “Quem quaeritis?”, le donne che rispondono “Jesum Nazarenum” e l’officiante che le informa: “Non est hic. Resurrexit”.

Ebbene: il teatro – tutto il teatro – nasce da qui. E a tenerlo a battesimo è la Madonna (ammesso che tra le donne al sepolcro ci fosse anche lei).

Poi, poche cose. La celeberrima lauda di Jacopone da Todi, “Donna de Paradiso” (Lauda XCIII) – ammettendo che fosse destinata ad una recitazione, se non a una rappresentazione vera e propria, è opera di alta poesia, con cui si potrebbe iniziare la storia non solo del teatro ma della stessa letteratura italiana. Qui la Madonna parla, interviene, agisce, in tutta autonomia, anticipando – se così si può dire – il clima del dolce stil novo, e realizzando quella rivalutazione della donna che l’antico ebraismo aveva conculcata e oppressa. Rivalutazione peraltro provvisoria e un po’ pelosa, che si risolse in una curiosa chicane tracciata dalla morale cattolica: la donna rimaneva soggetta all’uomo, ma per ricompensarla di questo suo stato, “una” donna fu elevata sopra ogni altra creatura, e adornata di tutte quelle eccelse virtù che risuonano nelle litanie: “virgo fidelis, speculum justitiae, refugium peccatorum, turris eburnea”, e chi più ne ha più ne metta. Come dire alle donne: “Vedete, che nessuno vi giudica esseri inferiori? Una ce l’ha fatta, ad emergere! Quindi anche voi…” Che è il modo con cui più moderni “poteri forti” si rivolgono ai poveracci; indicando loro l’esempio del miliardario che “si è fatto da sé”, cominciando col vendere giornali agli angoli di Broadway: “Quindi anche voi…” Ma “de hoc satis”, come dicono i principi del foro.

Tornando a bomba, nella scarsità del materiale possiamo dare un po’ di spazio a quella che in fondo è forse la sola, e certamente la più bella, “presenza” della Madonna nel teatro: anche a costo di ricorrere ad una generosa autocitazione, avendo in altra occasione scritto quanto segue.
“Donna de Paradiso”, tra tutte quelle che compongono il ricco laudario di Jacopone, è la sola lauda ad essere interamente dialogata. Non sappiamo se e in che misura fosse destinata a una vera e propria rappresentazione, ma di certo essa è scritta per esserlo, ed è dunque legittimamente “teatro”.
Il ritmo è incalzante e scandito. Sono trentatré strofe (di quattro settenari, con qualche raro ottonario), nella forma a-a-a-c, dove il quarto verso rima sempre in “-ato”. Solo la prima strofa è di tre versi, come a suggerire l’orgasmo ansioso del drammatico annuncio che un fedele, forse l’apostolo Giovanni, dà a Maria:

Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è priso,
Iesu Cristo beato.

Accorre, donna, e vide
Che la gente l’allide;
credo che lo s’occide,
tanto l’ha flagellato.

La prima reazione di Maria è di incredulo stupore: come è possibile che questo sia accaduto a suo figlio, che non ha mai fatto male alcuno? Ma quando il fedele risponde:

Madonna, ell’è traduto;
Iuda sì l’ha venduto;
trenta denar n’ha avuto
fatto n’ha gran mercato.

la Madonna chiede aiuto a Maddalena, poi supplica Pilato, ma la sua voce è soffocata dal popolo che grida il suo “Crucifige, crucifige!” e che lo vuole coronato di spine, poiché si è fatto chiamare re.
“Figlio” è la parola che ricorre insistente sulle labbra della Madonna, quasi incapace di dir altro, mentre le pie donne e i fedeli le descrivono le fasi della passione: la croce, la spoliazione, le mani inchiodate al legno…

Figlio, figlio, figlio,
figlio amoroso giglio!
Figlio, chi dà consiglio
al cor mio angustiato?
E il figlio le parla:
Mamma, ove si’ venuta?
Mortal me dài feruta,
c’al tuo pianger me stuta,
che ‘l vedo sì afferrato.

Poi l’azione segue il racconto evangelico: il figlio affida la madre a Giovanni, e muore. E il lamento della Madonna riprende la sua drammatica scansione:

Figlio bianco e biondo,
figlio, volto iocondo,
figlio, perché ti ha il mondo,
figlio, così sprezzato?

Ioanni, figlio novello,
mort’è lo tuo fratello:
ora sento il coltello
che fu profetizzato.

Che moran figlio e mate
d’una morte afferrate:
trovarse abbraccecate
madre e figlio impiccato.

(Qualche parola è certamente uscita dal vocabolario che quotidianamente usiamo, ma non è il caso di darne la traduzione: la situazione drammatica, l’urgenza dell’azione sono più che sufficienti a darcene pienamente il senso.)

E poi? Nella drammatica e già lamentata scarsità del materiale, allarghiamo i cordoni della borsa, e prendiamo per teatro la “commedia” di padre Dante, fidando sulla definzione che egli stesso volle darne. Qui la Madonna compare due volte: una volta soltanto evocata come destinataria della preghiera di San Bernardo (Paradiso, C. XXXII), così contorta e insostenibile nella sua irrazionalità; un’altra volta personalmente attiva – anche se vi si allude senza nominarla e definita semplicemente, “donna gentil”. È lei infatti che per prima si preoccupa della condizione di colui che si è smarrito nella selva oscura, come Virgilio racconta a Dante stesso. È lei che gli fa scudo contro il “duro giudizio” dell’Onnipotente; è lei che lo raccomanda a santa Lucia, affinchè dia una mossa a Beatrice, che corre subito a passar l’incarico a Virgilio. Eccetera eccetera.
Infine, da buon serpente che si morde la coda, bisogna concludere come abbiamo iniziato: la Madonna non ha grande spazio nella letteratura drammatica. Forse perché distratta da una maggior propensione al turismo – che l’ha portata a Lourdes, a Fatima, a Mejdugorie, a Siracusa – si è mantenuta lontana dalle scene. Memoria e ricerche non mi danno frutti di sorta. Evitato il tranello del “L’Annonce faite à Marie”, promettente titolo del devoto e un po’ bigotto Paul Claudel, dove “Maria” c’entra con la Madonna come la Maria Stuarda di Schiller, nulla ricordo e nulla trovo neppure là dove forse avrei potuto trovare qualcosa, ovveri in cataloghi vari di testi e copioni. Ho inserito nel loculo Cerca:… le parole Madonna, Maria di Nazareth, Vergine, Immacolata, Assunta… e quant’altro la fantasia mi suggeriva. Rien à faire! “Parola non trovata” è stata sempre la conclusione.
Ergo: sul tema “La Madonna nel teatro” ho detto, e non ho altro da dire.

 

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