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Monografie

Un testo da riscoprire

Proseguiamo nel nostro Progetto Teatro Veneto pubblicando una commedia di Antonio Simeone Sografi, risalente al 1794: “Le convenienze teatrali”, alla quale fece seguito, nel 1800, un testo analogo dal titolo “Le inconvenienze teatrali”. A queste farse si rifà l'opera di Gaetano Donizetti “Le convenienze ed inconvenienze teatrali”, su libretto di Domenico Gilardoni e proposta in varie versioni tra il 1827 (in atto unico come “Le convenienze teatrali”) e il 1831. Qualche anno fa è stata riproposta anche con il titolo “Viva la mamma”: tra gli interpreti di maggior spicco, Montserrat Caballé e Juan Pons (prestando la sua voce maschile a Mamma Agata).

Nato a Padova nel 1759 e qui morto nel 1818, Sografi ebbe un notevole successo come librettista e come autore di commedie, lavorando soprattutto a Venezia, città nella quale andò a vivere dopo la laurea. Nella propria attività teatrale, musicale e non, condivise sostanzialmente i principi della "riforma" di Carlo Goldoni (1707-1793), facendosi ispirare dal vero ed evitando le derive di bassa comicità della Commedia dell'arte. Non a caso questa farsa che proponiamo ricorda, per diversi aspetti, quel “Teatro comico” che della "riforma" goldoniana rappresentò il manifesto: in entrambi i casi, in particolare, è evidente l'importanza data dagli autori alla necessità, per il mondo dello spettacolo, di trovare un equilibrio e una professionalità nuovi, che rendessero il mestiere del teatrante degno di rispetto e considerazione da parte dell'opinione pubblica. Ma collegamenti evidenti esistono anche con “L'impresario delle Smirne”, testo con il quale quello di Sografi condivide l'ambientazione e la satira contro certo mondo del teatro, viziato e bizzoso.  
Nell'edizione del 1799 alla quale ci siamo rifatti per estrarne il testo (tratta da “Il teatro moderno applaudito ossia raccolta di tragedie, commedie, drammi e farse che godono presentemente del più alto favore sui pubblici teatri, cosi italiani, come stranieri; corredata di notizie storico critiche e del Giornale dei teatri di Venezia”), sono sottolineati molti aspetti interessanti relativi non solo all'attività del Sografi ma anche, più in generale, al  mondo del teatro dell'epoca.

Una varietà di dialetti
Un primo aspetto è di carattere squisitamente linguistico. L'editore confessa infatti di essere stato indubbio circa l'opportunità o meno di inserire nella Raccolta «la rinomatissima farsa del sig. Sografi»: pur trattandosi di una commedia celebre, infatti, «la varietà de’ dialetti che vi sono inseriti, ne dissuadeva a ragione». Spiega infatti l'editore: «Nostro proposito fu sempre d’introdurre ai leggitori del nostro Teatro l’utilità della buona lingua italiana, esclusa la corruzione dei suoi dialetti»; «ma la singolarità degli applausi merita un’eccezione», conclude, motivando con il grande successo ottenuto dalla piéce il suo diritto a rientrare nella pubblicazione. Sempre sul fronte linguistico, l'editore si scusa con i lettori per le inevitabili imprecisioni riscontrabili nella stampa: «Solo si dee chiedere scusa, se i tipografi non eseguiscono a puntino la perfezione di tante sregolate favelle, le quali per altro erano necessarie all’autore, onde conseguire il suo fine. Notisi qui di passaggio, che cotali dialetti, parlando singolarmente del napolitano, del bolognese, del veneziano, quando siano bene adattati, hanno l’essenza del vero lepido. La sola pronunzia invita alle risa. Però l’esecuzione meccanica è in potere del commediante». D'altra parte, continua l'editore, questa farsa così articolata linguisticamente è in ottima compagnia: «(...) diamo per testimoni il “Cunto delli Cunti”, libro celebre in napolitano, “La Banzuola” di Lotto Lotti in bolognese, il “Goffredo del Tasso” in veneziano».

L'ispirazione dalla realtà, attraverso Benedetto Marcello
È interessante anche un altro passaggio tratto dalla nota dell'editore. Egli sottolinea, infatti, come questa farsa abbia «per base una verità polare», tanto da far dire che essa sia «una storia piuttosto che un’invenzione»: «Chi vive cogli esseri teatrali - sostiene infatti la nota -  vede riti e costumi lor proprj, e cerimonie e linguaggi e parentele e aderenze e pretensioni e titoli, strani agli esteri, naturali agl’indigeni». A far da «guida» a Sografi in questo universo di artisti capricciosi fu «il gran Benedetto Marcello, che come uom di musica trattò soprani, tenori, contralti, prime, seconde, terze donne, tutta gente virtuosa. Egli stampò quel suo “Orso in Peata” (il riferimento è allo scritto “Il teatro alla moda”, libello anonimo ma opera del compositore, che lo fese stampare nel 1720, ndr), ritratto di chi vive nel teatro e sul teatro». E fu proprio quel libello la fonte letteraria principale del Sografi, tanto che alcuni riferimenti, per nulla casuali, a personaggi realmente vissuti e ben noti al pubblico veneziano suscitarono particolare ilarità tra gli spettatori della laguna. È lo stesso editore a citarne alcuni: «Tutti ricordavano Monsieur T. che avea sempre in bocca per ostentazione “madama mia moglie”. Tutti sapeano che il gran cantore M. sine amava i rondò in catene, e si godeva se potea comparire a cavallo cantando una “cavatina”. Tutti conoscevano un certo D. G. solito a castrar Metastasio. E così si può dir d’altri ancora».

L'esempio di Carlo Goldoni
Che l'autore abbia preso spunto da una verità visibile a tutti, e come tale "facile", non è affatto, secondo l'editore, un punto a sfavore di Sografi. Anzi. Scrive infatti: «(...) ma il merito è in chi sa ritrovarli. Non basta, in chi sa unirli con proporzione, con grazia, con varietà, e senza quella monotonia storica, che si accosta alla favola o alla novella. Il Goldoni nelle sue commedie fu più storico che inventore. Dunque dovea piacere in teatro più che qualunque altro, il quale magicamente lavorava colla fantasia. E che ha qui conchiuso il Sografi? Fare un ridicolo delle “Convenienze teatrali”. Vi è egli riuscito? Egregiamente. Quell’annaspamento di opinioni in sì svariati caratteri, di diritti che non sono diritti, di doveri che non sono doveri; quel bulicame d’insetti vili, sozzi e pungenti, da cui nasce però talvolta qualche favo di miele, posto in agitazione da un esperto giardiniere, ne desta nell’aria quel grato ronzio, che alletta l’orecchio e solletica il cuore. Noi compiangiamo un popolo di enti ragionevoli perduto in sì tortuoso labirinto; e molto più quella genìa di enti poco ragionevoli, che s’intitolano “Protettori”, e dovrebbono dirsi “perdigiorni” e “perdidenari”. Questa è la morale della farsa».

A vostra disposizione il testo della commedia.

IL TESTO COMPLETO DE LE CONVENIENZE TEATRALI (versione Doc) - LE CONVENIENZE TEATRALI (versione Pdf)

FITAINFORMA ringrazia Silvia Bagnara Milan per l'accurata e paziente revisione grafica del testo.

In questa pagina, un dipinto di Pietro Longhi (XVIII sec.)