Personaggi

Gian Antonio Cibotto

A pochi mesi dalla scomparsa del critico e scrittore rodigino, ripercorriamo brevemente le tappe della sua lunga e significativa carriera letteraria. Studioso acuto e narratore raffinato, ha lasciato pagine indimenticabili dedicate al Veneto e alla sua gente e saggi fondamentali per la comprensione del suo teatro.

Il 12 agosto scorso, a 92 anni, se n’è andato Gian Antonio Cibotto, giornalista e scrittore italiano, tra le voci di spicco della storia e della critica teatrali, nonché studioso e cantore appassionato della terra veneta, in particolare del suo Polesine.
È scomparso a Rovigo, dov’era nato l’8 maggio 1925. Negli anni Cinquanta, dopo la laurea in Giurisprudenza a Padova, si era trasferito a Roma, dove aveva iniziato a lavorare per la casa editrice Rizzoli e per il settimanale “La Fiera Letteraria”, all’epoca diretto da Vincenzo Cardarelli e Diego Fabbri. Come giornalista e critico teatrale e letterario firmò soprattutto per Il Resto del Carlino, Il Giornale d'Italia e Il Gazzettino.
Tra le sue opere più note, nel campo della narrativa, si possono ricordare le "Cronache dell'alluvione" del 1954, che Giovanni Comisso definì «degne di stare accanto alle pagine di certi classici», oltre che «unico documento serio su un avvenimento che ha visto il Paese unirsi come all'epoca del Piave» e ancora «un'opera viva, di quelle che fanno toccare con mano la differenza tra uno scrittore e un giornalista nel riferire le cose accadute». Ma da ricordare anche, tra le altre, “La coda del parroco” del 1958, "Scano Boa" del 1961, "La vaca mora" del 1964 (Premio Marzotto) e a seguire – tutte pubblicate negli anni Ottanta e Novanta - "Stramalora" (Premio Comisso), "Diario veneto", "Veneto segreto", "Veneto d'ombra", "Un certo Veneto" e "Amen. Versi in lingua e in dialetto", fino a "Bassa marea. Versi in lingua e in dialetto", edita nel 2006 da Marsilio.
Profondo studioso e raffinato intenditore di teatro, convinto sostenitore dell’importanza di conservare e diffondere il patrimonio teatrale veneto, ebbe un ruolo fondamentale nella riscoperta del Ruzzante, pubblicando sull’autore pavano "Il meglio di Ruzzante" e i “Dialoghi” tradotti (per Einaudi); da citare anche una versione de “Il desiderio preso per la coda” di Pablo Picasso. Il suo saggio "Teatro Veneto", infine, è ancora punto di riferimento per gli studi in materia.

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