Formazione

Occasioni per i giovani

Intervista a Daniele Franci, direttore artistico dell' Itaf, a proposito di questa struttura che, all'interno della Fita, si occupa di alta formazione e propone interessanti opportunità ed esperienze internazionali ai giovani iscritti. Una è in scadenza proprio in questi giorni.

uk flag English version

Daniele Franci

Daniele Franci
Direttore artistico ITAF – Scuola permanente di alta formazione delle arti dello spettacolo


 

 

 

di Alessandra Agosti

Daniele Franci è formatore e regista di notevole esperienza. In ambito Fita è tra l'altro il direttore artistico dell' Itaf, l'International Theater Academy of Fita: un organismo, con sede a Reggio Emilia, che si occupa di alta formazione per i giovani aderenti alla Federazione, in particolare attraverso la realizzazione, da cinque anni a questa parte, di un apposito percorso di formazione, con esperienze sia in Italia che all'estero (tra l'altro Itaf rientra nella certificazione Europass). A Franci abbiamo chiesto di spiegarci più nel dettaglio che cosa è Itaf, come lavora, a chi si rivolge e quali sono i suoi obiettivi.

Che cos'è l'Itaf?
È la realtà che in ambito federativo fa incontrare alta formazione, giovani ed Europa. La quinta edizione di questo progetto, rivolto ogni anno a dieci giovani dai 18 ai 30 anni iscritti alla Federazione, prenderà il via a gennaio e quest'anno avrà come partner una realtà attiva in Olanda. Il bando ufficiale, uscito a fine novembre, è disponibile nel sito nazionale (http://blog.fitateatro.it/2016/11/itaf-v-edizione-2017.html) e viene inviato a tutte le compagnie associate alla Fita. Le iscrizioni sono aperte fino al 14 gennaio e le audizioni si terranno a Roma il 23 gennaio.

Come si svolgeranno?
Non si tratterà di un semplice provino, ma di una giornata di lavoro, dalla mattina alle 9 fino alle 18 circa. Prima dell'audizione vera e propria (per la quale i ragazzi dovranno portare un monologo, una canzone e una coreografia), al mattino è programmato un workshop nel quale i giovani lavoreranno con me: mi interessa vederli in azione, perché non si tratta di selezione non "solo" per uno spettacolo ma per un periodo di lavoro insieme, che va da quattro ad un massimo di sette settimane. Per questo nel corso della giornata c'è anche un colloquio.

Requisiti richiesti ai candidati?
Non serve abbiano una formazione particolare, ma devono aver avuto esperienze teatrali all'interno di compagnie Fita, che ci dovranno comunicare le ultime tre alle quali i candidati hanno partecipato. Fondamentale, poi, è che vogliano davvero mettersi alla prova e che siano coscienti del fatto che questa esperienza di alta formazione è un investimento, ma naturalmente ti occupa almeno quattro settimane, una delle quali all'estero. Quanto alla spesa, per le settimane di formazione in Italia il candidato paga viaggio, vitto e alloggio, mentre Fita paga la formazione; per la settimana all'estero, invece, tutta la spesa è coperta dalla Federazione.

Qual è il programma di massima del percorso con Itaf?
Nasce dall'idea di performer, non di attore. Si tratta di un lavoro di studio attraverso la messinscena di uno spettacolo, affrontando tematiche diverse, dalle tecniche attoriali a elementi di coreografia e di regia, ma occupandosi anche di promozione e circuitazione, cosa, questa, particolarmente rilevante: quando partecipi a Itaf non ti vengono insegnate solo competenze artistiche, ma anche pratiche e organizzative.

Scendiamo più nel dettaglio?
Quella di Itaf è un'esperienza residenziale: lavorano e vivono assieme, il che significa anche saper rispettare regole delle e coabitare con altri. Non tutti hanno queste esperienze alle spalle: è impegnativo, ma piace. E poi si devono organizzare, perché valutiamo anche la loro capacità di autonomia. Queste sono tutte competenze "informali" ma fondamentali: ma sottolineo, non è importante che tu le abbia, ma che tu riesca a svilupparle durante il percorso; per questo il percorso Itaf richiede sempre più autonomia: della prima sessione, per sempio, sanno a che ora e dov'è; alla fine, invece, sanno solo che devono trovarsi all'aeroporto di Bologna, ma per arrivarci devono organizzarsi da soli.

Nel corso delle edizioni precedenti, Itaf ha coinvolto Belgio, Olanda, Romania e Polonia. Quali differenze ha notato nella collaborazione con queste realtà?
Abbiamo due mondi molto diversi, uno occidentale e uno orientale. La partnership con Paesi dell'est Europa è tutta disciplina e mestiere dell'attore da un punto di vista tecnico, mentre la competenza informale non la valutano più di tanto. Molto diverso il discorso con l'Olanda e il Belgio, dove è forte il piacere dell'incontrarsi, della scoperta e del gioco. Noi italiani bilanciamo questi due approcci, tra parte umana e parte tecnica.

Secondo la sua esperienza, che cosa lascia l'esperienza Itaf nei giovani che la frequentano?
Come Itaf non abbiamo l'esclusiva sui ragazzi che vi partecipano: fai questo percorso, ma intanto continui l'impegno anche con la tua compagnia, confrontandoti con due approcci diversi, con un regista Itaf e con quello con cui lavori normalmente. Penso che Itaf rappresenti la possibilità di superare un "limite", di metterti alla prova: poi scegli che cosa vuoi fare. Quello che i ragazzi fanno nelle compagnie è fondamentale (non a caso chiediamo che abbiano esperienza e alcuni registi sono veramente bravi), ma una volta che arrivano sono tutti uguali. La cosa bella è che poi magari si trovano nelle accademie a fare provini e tra di loro essere "itafiano" diventa quasi un'etichetta: un simbolo della qualità del lavoro e dell'impegno portati avanti. Itaf è difficile, perché comunque parliamo di alta formazione. È coinvolgente, perché ogni anno trattiamo un tema di rilevanza sociale e i ragazzi ci mettono la faccia: il teatro questo te lo permette davvero. È impegnativa: ci sono state lezioni in cui siamo entrati alle 8 di mattina, abbiamo ripreso alle 14, alle 20 ho fatto una domanda e alle 5 del mattino eravamo ancora lì a confrontarci.... E poi insegna la costanza: perché tecnica e precisione contano, ma chi fa teatro deve imparare anche la costanza.

Ha un sogno nel cassetto per Itaf?
Non sono uno da "sogni nel cassetto": sono abituato a immaginare e realizzare. Diciamo che per i ragazzi mi piacerebbe che Itaf continuasse ad aiutarli nel superarsi. Mi piace quando vedo degli itafiani che provano ad entrare in grandi scuole e accademie e ci riescono. Certo, mi rendo conto che visto dal di fuori 10 ragazzi all'anno su migliaia di iscritti può sembrare poco: ma in un campo di 20mila fili d'erba anche solo tre margherite le riconosci... 

Le immagini di questo servizio sono tratte dal sito http://www.centroetoile.eu/

Stampa