Arti sceniche

I maestri della luce
Tre tecnici si raccontano

Continua il nostro viaggio nel mondo della "tecnica" che sta dietro uno spettacolo teatrale.
Dopo aver parlato del suono, questa volta ci dedichiamo alle luci, dando la parola a tre operatori attivi in seno ad altrettante compagnie amatoriali, per conoscerne percorso, metodi di lavoro e consigli.

Interno DallaRivaCominciamo con MARCO DALLA RIVA, 29 anni, della compagnia La Moscheta di Colognola ai Colli, in provincia di Verona. Come tecnico della compagnia è impegnato dal 2014 e nel suo caso si può proprio dire che si sia trattato di una scelta... d'amore.

Come si è ritrovato dietro una centralina?
È capitato perché la mia ragazza, l'anno prima, era entrata a far parte della compagnia e così, quando c'è stato bisogno di qualcuno per la parte tecnica, io ero lì...

Aveva esperienza in materia?
Nessuna. Avevo un po' di teoria, perché sono ingegnere informatico, ma all'inizio è stato davvero un disastro: mi sono ritrovato da subito nel bel mezzo delle prove per il nuovo spettacolo. Non riuscivo ad essere veloce e rallentavo anche gli attori. Il debutto? Traumatico, con 900 persone davanti a Colognola.

E adesso come va?
Mi sto divertendo. Nel tempo ho tirato fuori la mia curiosità, ho cominciato a girare per saperne di più, guardando gli altri e facendo domande anche a chi lo fa di mestiere (se trovi qualche operatore di service disponibile, ne approfitti per imparare qualcosa). C'è da dire che nella nostra compagnia, come spesso avviene nel mondo amatoriale, tutti sanno fare qualcosa: magari non siamo esperti, ma ce la caviamo. Abbiamo semplificato alcuni passaggi e otteniamo buoni risultati, anche con luci abbastanza complesse, tirando fuori effetti carini con poco sforzo: cose che prima non avrei mai pensato di poter fare.

Come lavora con il regista?
Abbiamo la fortuna di avere un regista, Daniele Marchesini, che legge e si immagina già tutto. Quindi può capitare che gli dia anch'io qualche indicazione, ma in generale seguo le sue direttive, le sue intuizioni su colori e posizionamento.

Consigli per evitare errori?
Prima di tutto, quando si sbaglia bisogna cercare di non agitarsi:. Secondo, non voler strafare tecnicamente, perché poi bisogna gestire il tutto nelle condizioni più diverse, non sempre ideali. Terzo, essere curiosi: non aver paura di provare; io, per esempio, è vero che seguo le indicazioni del mio regista, ma quando c'è un attimo di pausa faccio qualche prova e le idee vengono anche così. E poi partecipare da subito al montaggio: il tecnico che arriva dopo che gli altri hanno già montato le scene non sa cosa c'è dietro, e questo non va bene, perché se sai com'è fatto, come funziona, sai anche come risolvere eventuali problemi.

Rappresentazioni all'aperto. Qualche consiglio?
Noi studiamo le luci in un modello base che vada bene per le tre condizioni-tipo: un teatro con dotazione normale, uno "spartano" e una rappresentazione all'aperto. Questo ci consente di stare tranquilli, perché in teatri con impianti semplici riesci comunque a mettere in pratica il tuo disegno luci, mentre in quelli superattrezzati puoi allargare un po' il tiro, con quel tocco in più, ma partendo sempre dal minimo, applicabile ovunque. Penso sia importante, perché pensando troppo in grande si rischia di giocarsi delle piazze.

Lavorate con i led?
Quando ci sono e c'è un tecnico del teatro che ci dà una mano (perché il loro utilizzo è più complesso), ne approfittiamo. E' una tecnologia destinata a prendere piede, ma per gli amatoriali in generale è ancora troppo costosa. Certo sarebbe positiva, sia per il risparmio energetico sia per la riduzione del numero dei cavi.

Il suo corso di formazione ideale come sarebbe?
E' un mondo immenso, dove c'è davvero tanto da imparare. Di certo mi piacerebbe una formazione di base sui led, ma anche sul videomapping. E' anche vero, però, che servirebbero corsi pratici sul puntamento dei fari: una materia di base, certo, ma proprio per questo nessuno la propone.


Interno MaggioloMASSIMO MAGGIOLO ha più di vent'anni esperienza all'interno della compagnia Prototeatro di Montagnana, in provincia di Padova: prima come tecnico puro, poi come attore - «Ma faticavo a concentrarmi: mi sentivo attore un quarto d'ora dopo gli altri e uscivo dalla parte un quarto d'ora prima» - poi nuovamente come tecnico, pur mantenendo un ruolo artistico quando collabora ad alcuni corsi, data la sua lunga esperienza in materia.

Il fatto di essere stato a lungo anche attore per lei è un valore aggiunto?
Assolutamente sì, perché capisco i problemi di chi è sul palco e cerco di risolverli al meglio, anche dando qualche consiglio agli interpreti, soprattutto ai giovani (ma non solo, perché anche i veterani certe volte scantonano). Dai consigli che uniscono tecnica e arte, cose che hai imparato in prima persona e che cerchi di trasmettere. In una compagnia, dove magari si sta insieme da tanti anni, questo tipo di rapporto c'è e non è come quando usi un service, che rimane comunque qualcosa di esterno.

Come pensate il disegno luci dei vostri spettacoli?
Avendo la fortuna di avere tutto in casa, per le luci come per l'audio, cerchiamo di improntare ogni spettacolo alle nostre strutture per i vari spazi. Ma in generale i teatri che frequentiamo sono tutti simili, e cerchiamo comunque di essere autonomi perché l'allestimento non subisca grossi tagli; al contrario, se possiamo aumentare, tanto meglio. Ci capita di trovare teatri con strutture fantastiche, e lavorarci è davvero bello. Allora si va dai tecnici del teatro e si chiede il permesso di fare determinate cose: quando la risposta è sì ti si apre il cuore, adotti soluzioni che certe volte nelle repliche devi limitare un po'...

E il rapporto con il regista?
Forse siamo una mosca bianca, ma il nostro regista Piero Dal Prà fa tutto. Parla dell'allestimento, delle strutture, delle scene... poi si parte, e a grandi linee sappiamo che tipo di spettacolo faremo, e personalmente partecipo in maniera costante fin dall'inizio della produzione, alle prove: le scene me le immagino, mi confronto con lui, partiamo da un'illuminazione standard per poi andare a individuare situazioni e scene particolari per aggiungere o togliere punti luce. Tutto parte dal regista, comunque, poi mi aggiungo anch'io con quel po' di esperienza che mi sono fatto, e conoscendo il regista e i suoi gusti (tra l'altro Dal Prà è un fotografo e quindi conosce la luce).
Poi abbiamo una bella sala, un bel carico di corrente e possiamo improntare al momento luci ed effetti: siamo fortunati.

La tecnologia led?
Non li usiamo ancora. Personalmente sono un po' vecchiotto e non mi ci sono avvicinato; magari per alcune cose potrebbero essere utili, ma attualmente non è una necessità pressante e con la tecnologia a nostra disposizione andiamo bene comunque. Magari un giorno ci si dovrà arrivare per risparmiare energia e calare in potenza, quindi si dovranno rinnovare dimmer, consolle e così via: ma per ora è una spesa che può aspettare.

Qualche consiglio?
In genere, negli spettacoli nei quali la scena è il classico "interno", si tende a fare tutto piazzato, magari con una fissa dall'alto, poco di taglio, molte luci frontali. In questo caso, quando ti dicono che "non si vede niente", è difficile che un tecnico sbagli a piazzare i fari, mentre è più facile che si tratti di sviste di attori che si coprono. In lavori come i nostri, invece, in cui ci sono molte luci di taglio, l'attore deve "sentire" le luci: e allora può essere utile prevedere una luce frontale per "aiutare", perché una parte resta inevitabilmente al buio; basta una cosa leggera, a mezza o un quarto di potenza, tanto perché si veda il viso ma senza appiattire.

E sul fronte della dotazione tecnica?
Capire quali sono le vere esigenze della tua compagnia. Arrivare con mille cose per far andare tre fari mi sembra un po' ridicolo: eppure vedi gruppi che hanno chissà cosa, e poi fanno andare tre musiche, un campanello e quattro fari; noi abbiamo allestimenti molto più complessi e facciamo tutto con due piastre, trenta fari e le mani. Capisco l'orgoglio del tecnico, il piacere di avere a disposizione le ultime novità, ma non biogna fare come certi fotografi dilettanti che hanno la macchina pià grande del professionista... Invece lavoro con quello che ho e chiedo alla mia compagnia quello che mi serve per migliorare, ma con criterio, sapendo quello che davvero serve, al di là dell'apparenza... Per carità, io sono un tecnico un po' anomalo, riservato, non voglio far vedere chissà che. Abbiamo il nostro banco vecchio, e ci divertiamo così: funziona, e quel che conta è l'effetto finale. Così fai il melgio che puoi con quello che hai e a seconda di dove ti trovi.

Il suo corso di formazione ideale che cosa prevederebbe?
Beh, certo mi piacerebbe fare dei corsi per conoscere le innovazioni disponibili, magari facendosi guidare da un service medio-grande. Penso che come tecnico fai un piazzato, apri tutto, lo abbassi, metti le bandinelle, punto... poi però vedi che arrivano led, fari programmabili e via dicendo, e tu sei lì, non sei al passo. Per la mia compagnia, come dicevo, va bene comunque, perché otteniamo quello che vogliamo; ma se qualcuno vuole iniziare o per i giovani, credo sarebbe davvero utile poter avere l'ABC delle luci e buone informazioni sulle novità. E più che su corsi teorici punterei senz'altro a stage pratici, facendo vedere un allestimento, con degli esperti al lavoro.


Interno CallegariE veniamo a TIZIANO CALLEGARI, de La Goldoniana di San Stino di Livenza, nel Veneziano. Anche per lui, doppia esperienza sul palco e dietro le quinte.

Come ha iniziato questo percorso?
Sono entrato in compagnia come attore nel 1973 e per diverso tempo, dai primi anni '80, ho portato avanti entrambi i ruoli. Da due-tre anni, invece, mi vado sempre più limitando come attore, perché sono andato in pensione e voglio godermi un po' il mondo, senza però per questo vincolare la compagnia: quindi mi occupo di più delle luci e cerco di far crescere i giovani. Perché ho iniziato? Serviva un tecnico, e mi sono accostato io, che comunque ho una preparazione scolastica in questo campo.

Quello dl lighting-disigner può essere un ruolo non esclusivamente tecnico ma anche creativo. Cosa ne pensa in base alla sua esperienza?
Si tratta senz'altro di una figura tecnica e artistica insieme, e in questo senso è fondamentale il rapporto tra regista e tecnico luci. Il regista ha in mente cosa vuole creare e come vuole realizzare certe scene: sta al tecnico trovare la soluzione migliore. Ma a volte avviene anche il contrario: noi diamo certi spunti tecnici, e da lì possono nascere idee artistiche. L'importante è che il tecnico parli, si renda parte attiva. È anche questo che può fare la differenza tra chi ha la fortuna di avere un proprio tecnico luci e chi deve appoggiarsi ad un service esterno.

Qualche consiglio a chi si occupa di luci? Soprattutto per i più giovani...
Non parlo di aspetti tecnici, perché quelli sono specifici di ogni singolo spettacolo. Invece, in generaleconsiglio di essere molto disponibili, sia in compagnia sia quando si va fuori per le repliche. Quanto poi al punto di vista artistico, penso che ogni cosa è lecita: mi piace confrontarmi, ed essendo davvero un appassionato vado spesso a teatro, non solo per il piacere di vedere uno spettacolo ma anche per "studio", con l'occhio critico del tecnico luci, osservando le soluzioni adottate da altri.

E quale le sembra sia il livello complessivo del teatro amatoriale sul fronte del disegno luci?
Difficile dirlo, va da compagnia a compagnia. In alcuni casi si vede un bello studio pensato a priori, preciso, pulito di luci. Molto poi, naturalmente, fa il luogo in cui ci si esibisce: in un buon teatro è sempre un piacere, se poi il teatro ha anche una sua dotazione residente è anche meglio (se si può usufruirne, così da realizzare al meglio quello che si è impostato). All'aperto, invece, o in strutture più spartante, si cerca di rimediare alla meglio, ma è chiaro che il risultato complessivo ne risente. Per questo è sempre importante pensare ad un'alternativa. I nostri spettacoli nascono in teatro ma studiamo sempre un piano luci per le situazioni meno fortunate. È necessario.

Come sarebbe il suo corso di formazione ideale?
Ne ho seguito qualcuno, ma molte volte i corsi sono puramente teorici. Certo, il nostro lavoro ha un'indispensabile base teorica, ma poi bisogna vedere se, applicando la teoria, ottieni quello che desideri; non sempre ce la fai, perché certi effetti e tagli, controluce, mescolanze di colori... sono cose che devono essere provate: sarebbe ottimo, quindi, poter seguire un corso in un teatro opportunamente attrezzato, con quello che serve come corpi illuminanti (magari anche led, per testarli) e mettere subito in pratica quello che impari, magari sviluppando un piccolo lavoro con un docente, vedere i punti specifici tipici in cui insistere, e come farlo e come realizzarlo.

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