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Monografie

Un testo da riscoprire

È solo grazie alle notizie ricavabili dalla prefazione de “L’omicida irreprensibile”, il suo romanzo d’esordio, pubblicato a Venezia intorno al 1762, che possiamo avere qualche informazione circa i primi vent’anni di Antonio Piazza (1742-1825), l’autore della commedia che proponiamo in questo nuovo capitolo del nostro Progetto Teatro Veneto.
Dell’allora ventenne autore si legge in quel testo che, dopo un’istruzione di base, aveva proseguito i suoi studi autonomamente, dedicandosi con fervore alla poesia, spinto alla scrittura anche e soprattutto da autori in voga come Carlo Goldoni e Pietro Chiari, delle cui diatribe letterarie fu testimone attento.
Proprio come il Chiari scrisse fin da giovanissimo numerosi romanzi popolari, genere particolarmente sviluppato in quegli anni. Nacquero così, oltre al titolo già citato, lavori come “L’italiano fortunato” e “L’innocente perseguitata”, entrambi del 1764, “L’amante disgraziato” e “La Turca in cimento” del 1765 e ancora, l’anno seguente, “La moglie senza marito”, seguiti da “L’incognito” e “Il merlotto spennacchiato” del 1767, “La storia del Conte d’Arpes” del 1768 e infine, entrambi del 1769, “L’amico tradito” e “L’Ebrea”. Più amato dai lettori che dai letterati (“L’Ebrea” in particolare fu al centro di critiche molto pesanti, alle quali Piazza rispose con particolare asprezza, tanto da meritare un richiamo alla misura da parte dei riformatori dello Studio di Padova), scrisse anche diverse novelle. Amante del mondo dello spettacolo, scelse questa ambientazione per alcune sue opere, tra le quali la trilogia formata da “L’impresario in rovina” del 1770, “Giulietta” e “La pazza per amore” del 1771, in cui la protagonista è una giovane orfana, formata nel canto da Patagiro, suo protettore. Distaccandosi via via, nettamente e dichiaratamente, dal modello del Chiari, Piazza proseguì nella scrittura di romanzi con testi come “I deliri dell’anime amanti” del 1771 e “Le stravaganze del caso” del 1772.
Ma fu nel 1773 che l’autore vide la propria vita aprirsi a nuove, fondamentali esperienze, in particolare grazie all’incontro, a Genova, con l’impresario Onofrio Paganini, che gli propose di scrivere per il teatro. Nacquero così commedie e drammi per musica, ma soprattutto iniziò, per Piazza, quella vita “dentro” il teatro che a lungo aveva desiderato. Ma la realtà non tenne il passo con le aspettative e non a caso l’autore tornò alle novelle e ai romanzi. Interessante, al riguardo, il suo “Il teatro ovvero fatti di una veneziana che lo fanno conoscere”, composto fra il 1778 e il 1779, nel quale propose un affresco per nulla lusinghiero del mondo teatrale dell’epoca.
Tra notizie incerte e frammentarie (tra le quali una sua possibile collaborazione con Giacomo Casanova), di certo sappiamo che, verso la fine degli anni Ottanta del Settecento, Piazza prese a scrivere sempre meno romanzi, prediligendo invece l’attività giornalistica, dalla quale nacquero le raccolte “La tacita società dello spirito” e “L’ozio ingannato fra le gare del diletto e dell’utile”. Dal giugno del 1787 al giugno 1798 si occupò in particolare della “Gazzetta urbana veneta”, periodico molto seguito dal pubblico ma al centro di non pochi guai giudiziari, con tanto di “soggiorno” ai Piombi, per oltre un mese, nel 1792.
Una sua autografa descrizione fisica risale al 1819, quando scrisse: “Di statura piuttosto alta, di capigliatura castagna, oscura, di colorito piuttosto rossiccio, una barba nera al mento, di guardatura non interamente perfetta». Ma della sua vita privata, come abbiamo detto fin dall’inizio, non sappiamo molto: nemmeno il nome della madre, mentre quello del padre era Giacomo; e nemmeno di preciso la data di nascita, posta tra gennaio e la metà di febbraio del 1742. Sposatosi, ebbe cinque figli, e faticò non poco a mantenere la famiglia. Quanto alle sue convinzioni politiche, fu senza dubbio vicino ai gacobini, accogliendo con gioia l’arrivo dei francesi a Venezia nel 1797; cosa che gli costò cara quando gli austriaci, dopo il trattato di Campoformio, gli imposero di chiudere la Gazzetta. In gravi ristrettezza economiche, riprese l’attività narrativa e ripubblicò anche alcuni suoi vecchi romanzi di buon successo. Le sue dichiarate simpatie giacobine gli costarono anche cinque mesi di carcere, come ricorda egli stesso nei “Lamenti della disperazione”.
Lasciò allora Venezia per Milano, dove la famiglia lo raggiunse alcuni mesi più tardi. Scrisse traduzioni, poesie e soprattutto il romanzo storico “Il Teodoro o la forza dell’amor patrio”, nel quale parlò proprio degli eventi politici veneziani a partire dal 1792. Nel 1803 laciò anche Milano e si trasferì a Brescia, poi a Treviso e infine a Venezia, dove tornò nel 1812, continuando a viverci, fino alla fine, tra pesanti ristrettezze.

A vostra disposizione il testo della commedia

IL TESTO COMPLETO DI LA FAMIGLIA MAL REGOLATA (versione Doc) - LA FAMIGLIA MAL REGOLATA (versione Pdf)

FITAINFORMA ringrazia Silvia Bagnara Milan per l'accurata e paziente revisione grafica del testo.