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Monografie

Un testo da riscoprire

Prosegue il nostro Progetto Teatro Veneto, questa volta affrontando un Carlo Goldoni poco frequentato: quello de "La bancarotta", che ha per protagonista un Pantalone oscuro, lussurioso ed egoista, senza principi e interessato solo al proprio tornaconto. In più, un approfondimento di di Luigi Lunari, estratto dal volume "Il teatro veneto", edito alcuni fa a cura della Fita regionale

A commento del testo della “Bancarotta” di Carlo Goldoni, che pubblichiamo in questo numero, riproduciamo qui un brano da “Il teatro Veneto”, di Luigi Lunari (Ed. Ergon – F.I.T.A. Veneto, 2003)

Le prime commedie che Goldoni include nella raccolta delle proprie opere sono “L’uomo di mondo”, “Il prodigo”, “La bancarotta”. Scritte tra il 1739 e il 1742, oggi le leggiamo nella riscrittura che il Goldoni ne fece attorno al 1755 per l’edizione a stampa del Paperini, ma originariamente erano state stese sotto forma di canovaccio, con alcune parti soltanto scritte per intero. La loro lettura ci sorprende per la spaventosa aridità morale che caratterizza i personaggi e le vicende; a maggior ragione se consideriamo che la riscrittura le ha per così dire ingentilite. Nell’avvertimento al lettore che precede il “Prodigo”. Goldoni scrive infatti che questa commedia “...da molte coserelle un po’ troppo libere ho dovuto purgarla.... Fatta nei giorni del mal costume, aveva bisogno più di ogni altra di correzione. La donna, che si conduce in villa a ritrovare il Prodigo era donna di mal costume, e i due che l’accompagnavano due persone di cattivo esempio. Momolo avea delle mire inoneste, dicea cose lubriche...” (Cfr. Goldoni, Tutte le opere, a cura di Giuseppe Ortolani, Milano, ed Mondadori, Vol 1. p861.62) Lo stesso accade per “La bancarotta”: “...non solamente l’ho per intero riscritta, ma l’ho spogliata di tutto quello che nei tempi oscuri passati era ancor tollerato, e oggi, per la Dio grazia, fu dalle scene sbandito.” (Ibid. Vol. I p.944)
Leggiamo dunque queste commedie in una versione purgata rispetto a quella usata per la rappresentazione: eppure siamo colpiti dall’aridità morale del mondo descritto, dall’egoismo di tutti i personaggi, dalla meschinità dei motivi che li animano, sempre fondati su questioni di danaro e d’interesse immediato, in un clima in cui i rari personaggi positivi partecipano comunque della logica e della morale correnti. Nell’“Uomo di mondo”, la vicenda ruota attorno ai rapporti tra Momolo - il “Momolo Cortesan” della prima versione - e Smeraldina: Momolo mantiene Smeraldina e si adopera perché diventi ballerina; Smeraldina ne accetta il danaro, ma lo inganna con l’amato Lucindo, il quale sta al gioco, così come sta al gioco Truffaldino, il fratello di Smeraldina, che intravvede la possibilità di farsi mantenere anche lui. Quando il doppio gioco di Smeraldina viene smascherato, essa non ha esitazioni nell’abbandonare Lucindo e optare per Momolo, che è in grado di mantenerla; e Lucindo farà altrettanto sposando per interesse la donna che suo padre gli ha destinato.

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Nella “Bancarotta”, che di queste commedie è di gran lunga la più interessante e ben riuscita, il protagonista è Pantalone: un mercante di stoffe che si è rovinato per le donne, l’ultima delle quali - la cantatrice Clarice - ora che egli non ha più un soldo gli sbatte la porta in faccia, e gli preferisce il vanaglorioso conte Silvio. Dopo aver fatto morire di crepacuore la prima moglie, Pantalone si è risposato con Aurelia, giovane e civetta, che con la passione per la bella vita e i bei vestiti ha contribuito alla rovina della famiglia. Il dottor Lombardi, amico di casa, si adopera per salvare il salvabile e per riaprire il negozio di stoffe a nome di Leandro, figlio di primo letto di Pantalone. Ma dal negozio riaperto tutti ricominciano ad attingere: Lelio prende una pezza da regalare a Clarice, ma si rifiuta - come per un affronto - di pagare in contanti; Pantalone gli sottrae la pezza, ma anziché restituirla al negozio la regala egli stesso a Clarice, che puntualmente si è rifatta viva con lui. Anche Aurelia sottrae al negozio un prezioso broccato, e cerca di venderlo ad un profittatore, onde poter disimpegnare vestiti e gioielli sequestrati per il fallimento; ma nel bel mezzo della trattativa sopraggiunge Pantalone, che allontana la moglie, e con il danaro intascato dal trafficante corre a preparare una festa da offrire a Clarice... Il tutto in un clima spietato di insulti, di rinfacciamenti, di accuse, in cui ciascuno arraffa per sè quello che può, incurante della rovina comune. Fino a che Pantalone e Clarice si ritireranno in campagna, ciascuno condannato a vivere nell’odiosa presenza dell’altro, e Leandro sposerà la figlia del dottor Lombardi, preludio - forse - ad una vita più giudiziosa.

La stessa analisi potrebbe farsi non solo per “L’uomo di mondo” e per “Il prodigo” - che con “La Bancarotta” costituiscono questa prima trilogia “inonesta e lubrica” - ma anche per le opere immediatamente successive e già orientate a una più curata scrittura: “La donna di garbo”, dove tutto ruota attorno a coppie di innamorati infedeli e matrimoni in tutto simili a transazioni commerciali; “Il frappatore”, e perfino “I due gemelli veneziani”, dove - pur nell’apparenza di una gaia commedia d’intreccio - il signor Pancrazio è un subdolo Tartuffo, Florindo un amico infedele che tenta di sottrarre all’amico la donna che questi gli ha affidato in custodia, il Dottore sacrifica la felicità della figlia a un matrimonio che gli consente di cavarsela con poca spesa.

Questa “cattiveria”, questo vuoto morale così impietosamente descritto non vanno assolutamente confusi con la dialettica complessità dei personaggi che animeranno il grande realismo della maturità goldoniana. Anche là - nella “Locandiera”, nell’“Adulatore”, nella “Villeggiatura” - vedremo gli infidi, gli egoisti, i cinici, i matrimoni di interesse, i brutali particolarismi che fin dal suo nascere minano il nuovo mondo borghese; ma si tratterà di quella varietà d’aspetti che caratterizzano gli esseri umani, in tutta la loro complessità e ricchezza di sfumature. Qui, invece, l’aridità morale di questo mondo è ritratta con una monotonia (nel senso etimologico della parola) che non lascia spazio a nessun elemento positivo. Là vi possono essere amarezza e denuncia, ma non viene meno la sostanziale fede nell’uomo e nella società, la solida speranza di un avvenire migliore, proprio perché nato anche da quella amarezza e da quella denuncia. Qui, invece, il mondo che viene postulato sotto la patina del meccanismo comico è una selva senza speranza, in cui l’uomo è un lupo per l’uomo, e sopravvive chi sa fare i propri interessi con meno scrupoli e più pelo sullo stomaco.

Tutto questo ha naturalmente una spiegazione e una sua precisa ragion d’essere: in questo suo primissimo periodo, in cui la grande riforma appare ancora lontana, e la novità del suo teatro si limita ad una più logica conduzione delle vicende e ad una maggior precisione nei dialoghi e nelle “parti serie”, il Goldoni assume assieme alle maschere della commedia dell’arte anche il “punto di vista” di quel popolo di cui la commedia dell’arte è espressione autentica ed autonoma.
È un primo punto che va posto in tutta chiarezza, e che illumina la straordinaria ortodossia rivoluzionaria della riforma goldoniana. Come la borghesia nasce dal popolo, così il teatro borghese nasce dalla evoluzione del teatro popolare. Goldoni assume a protagonisti del suo primo teatro le maschere. È un espediente tattico, come egli stesso dichiara, che tien conto del favore di cui le maschere godevano presso il grande pubblico. Ma è anche l’indicazione del più solido terreno su cui edificare, del più sicuro punto fermo da cui prendere le mosse per un’azione veramente rivoluzionaria, e che dunque tenesse conto del passato senza buttarlo a mare indiscriminatamente, come fanno di solito i rivoluzionari da strapazzo.

Si prenda ad esempio il personaggio-maschera di Pantalone: quello stesso che abbiamo visto - vecchio lubrico e incosciente, prodigo per sè ed avaro per gli altri - protagonista della “Bancarotta”. Di tutti i tipi sociali che le maschere rappresentano, il Pantalone è il più incomprensibile agli occhi del popolo. Ed è chiaro il perché: fino a poco tempo prima il Pantalone era uno di loro, un popolano in mezzo al popolo, che ad un certo punto, come colto da un raptus, si era apparentemente chiuso in se stesso, si era dedicato ai traffici e ai commerci; aveva mutato carattere, e invece di spendere i soldi all’osteria, con gli amici e le donne, si era messo ad accumularli, in una piccola borsa che teneva alla cintura o in un forziere nascosto sotto il letto. Per un popolo che è ancora una comparsa sulla scena della storia, privo di altri scopi (diciamo meglio: di altre possibilità) che non siano lo sbarcare il lunario e il cogliere al volo le rare occasioni di divertimento, Pantalone è semplicemente un pazzo che rifiuta la vita, che preferisce il lavoro al divertimento, per accumulare soldi invece di spenderli spensieratamente. È un vecchio - poiché la vecchiaia si contrappone qui alla giovinezza, come il rifiuto della vita all’amore per la vita - che pizzica il sedere alle serve o insegue sbavando le cantatrici, che tiene chiuse le dispense, che si oppone agli amori dei figli, e che è pertanto giusto e legittimo ingannare, derubare, bastonare all’occasione. E naturalmente non solo il Pantalone, ma tutti i rappresentanti della nascente borghesia sono visti e resi in modo analogo: risibili personaggi presi in un loro mondo di assurdi rituali, di opprimenti manie, incapaci di godersi la vita. Attraverso le maschere della commedia dell’arte il popolo descrive e giudica il mondo delle classi superiori con una incomprensione, una estraneità, una “anti-patia” tanto rigorose e totali da essere non solo ingiusti e illogici, ma anche antistorici e reazionari. Ma si tratta - ripeto - di un popolo privo ancora di una coscienza di classe, ai margini della storia, spettatore - strumento e vittima - degli eventi che si svolgono sulla scena del mondo.

L’adozione delle maschere porta il Goldoni - per una sorta di profonda e irresistibile coerenza stilistica - ad adottarne anche il significato originario, sposandone la “filosofia della vita”, e mostrando la nascente classe borghese così come doveva apparire agli occhi del popolo. Ora, visto - e così si può dire - dal basso, quel mondo risulta sommamente ridicolo e divertente. L’apparente assurdo di ciò che i borghesi fanno e delle ragioni che li determinano rende assolutamente esilarante il vedere Pantalone, Silvio, Aurelia, Leandro rincorrersi e sfuggirsi con una pezza di broccato sotto il braccio, come nella “Bancarotta”, o Momolo raggirato da servi e ballerine, come nell’“Uomo di mondo”.

Ma anche se le maschere lo “costringono” a sposare questo punto di vista popolare (in virtù di una coerenza che è stilistica e ideologica al tempo stesso), Goldoni è privatamente un borghese, che conosce la borghesia, crede nella borghesia, sa valutarne la positività e il valore progressista. Sa - per riprendere il tema del Pantalone - che non si tratta di un vecchio pazzo, ma dell’uomo nuovo, industrioso e illuminato, che accumula e reinveste per creare un nuovo mondo fondato sul lavoro, sul commercio, e che promette - attraverso i prodotti della nascente industria - un benessere sempre più diffuso ed esteso: è insomma il buon padre di famiglia, tutto casa e lavoro. Già nell’“Uomo prudente” - che nel 1748 è la prima commedia scritta dopo “I due gemelli veneziani” - il Pantalone protagonista è il personaggio positivo, che ha lasciato il ruolo di vecchio vizioso ed egoista per assumere quei lineamenti di positività in cui la borghesia può legittimamente rispecchiarsi. Il Goldoni va dunque trasformando le maschere da espressioni e portatori dell’antica ideologia popolare in espressioni e portatori della nuova ideologia borghese. Assunte per opportunità tattica, le ha poi svuotate del contenuto originario e le sta ora riempiendo di un contenuto nuovo. È il secondo passo della riforma, che si completerà a suo tempo con la rinuncia alle maschere, e con la individuazione dei personaggi nella tipologia del presente. Anche sotto questo aspetto - come già abbiamo detto e come ripetiamo a conclusione del discorso - l’evoluzione goldoniana riflette nel suo senso più profondo la realtà della storia: la commedia borghese nasce dalla commedia popolare, così come la classe borghese nasce dal popolo.

A vostra disposizione il testo di Carlo Goldoni.

L'AUTORE A CHI LEGGE (versione Doc) - L'AUTORE A CHI LEGGE (versione Pdf)

IL TESTO COMPLETO DI LA BANCAROTTA (versione Doc) - LA BANCAROTTA (versione Pdf)

FITAINFORMA ringrazia Silvia Bagnara Milan per l'accurata e paziente revisione grafica del testo.